La Storia de La Casa Gialla è ambientata in autunno; la ninna nanna che Suzanne canta al piccolo Jean s'intitola Les Feuilles Mortes (Le Foglie Morte, ovvero Foglie d'Autunno) e non è un caso. L'autunno, infatti, non è nient'altro che una metafora dell’esistenza psichica in certe stagioni della vita che ciclicamente si ripresentano: in questa fase, molto di noi, dentro tutti noi, deve morire e decadere, preparasi a morire per lasciar spazio ai germogli che verranno in quella primavera che è archetipicamente promessa, inevitabile, imminente…
Questa metafora si applica perfettamente anche ai miei personaggi, che nei primi capitoli del libro si avventurano per strade diverse su un cammino sconosciuto, e in quanto tale, anche spaventoso. Dentro di sé sentono crescere il bisogno impellente di liberarsi da quella parte del proprio passato che ormai ha concluso il proprio ciclo ed è divenuto un inutile peso e si riconoscono nell'attesa di un futuro ignoto, ma colmo di speranza, ben rappresentato dai colori vibranti delle foglie e dalla luce calda dell'autunno.
Così come nell’autunno inteso come stagione, analogamente anche nell’autunno interiore dei protagonisti, possiamo infatti notare che – sommessamente – qualcosa sembra che muoia, qualcosa sembra stia per andare via, qualcosa sembra stia per cadere, cade, proprio come le foglie si staccano dal proprio albero, così da loro cadono parti e frutti maturi che ormai non hanno più motivo di persistere nella loro forma, cade ciò che ha raggiunto la sua massima maturazione e che quindi deve mutare, morire, trasformarsi. Tuttavia, questa caduta e questo morire è un cedere posto -a. In questa caduta non vi è soltanto morte e fine, vi è un lasciar spazio -a… un certo porre attenzione alla caducità e all’impermanenza dell’inessenziale per accoglierla dentro di sé. Tema sempre molto caro alle culture dell'Estremo Oriente e meno frequentato oggi in Occidente.
Come scriveva Thoreau nell'opera "Tinte Autunnali", le foglie d'autunno ci insegnano come morire: «È piacevole passeggiare sopra i letti di queste foglie fresche, croccanti, e fruscianti. Come vanno splendidamente alle loro tombe! Con quanta delicatezza si sdraiano e diventano terriccio! Dipinte di mille colori, e adatte a diventare i letti di noi che viviamo. Così marciano alla loro ultima dimora, leggere e vivaci. (…) Ci si chiede se potrà mai venire un tempo in cui gli uomini, con la loro vantata fede nell’immortalità, giaceranno con altrettanta grazia e maturità. (…)»
I miei personaggi ci ricordano che per nascere veramente, occorre rinascere, e questa rinascita sembra – paradossalmente – incominciare già nell’autunno. Queste stagioni di mezzo, autunno e primavera, che stanno per così dire tra inverno ed estate, sembrano essere – per l’occhio comune occidentale – nient’altro che stagioni preparatorie, ritualistiche, preludi fugaci all’inverno e all’estate che verranno, e per quanto nella nostra cultura contemporanea la dimensione del passaggio a qualcos’altro sia sempre meno vissuta, percepita, intuita, amata, dobbiamo invece realizzare che proprio in queste due stagioni – autunno e primavera – si cela forse – e timidamente – la vita tutta quanta.
"L'autunno non è una stagione,
ma uno stato d'animo."
-Nietsche
Buon autunno a tutti i miei lettori!
P.S. A proposito, qual è la vostra stagione preferita?