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Nel cotonoso raplaplà di Bologna..., il tipo di quella donna dall'anima fosforica e smagliante come un metallo vetusto mi avvolgeva di un turbine di esistenza remotissima e futurissima.
- A. Savinio

mercoledì 28 settembre 2022

L'Ombra di Jung.


Mi ha sempre affascinato la psicologia junghiana e il suo modo di sondare la mente umana. Nel costruire i miei personaggi ne sono stata inevitabilmente ispirata e in particolare mi ha ispirato il concetto dell'Ombra. 

I miei primi due libri, La Casa Gialla e, più evidentemente, Il Gioco delle Ombre (quest'ultimo titolo di prossima pubblicazione) presentano personaggi che si confrontano con le loro Ombre per compiere una "discesa agli Inferi" che li condurrà a esiti speculararmente opposti, ecco perché ve ne parlo qui.


 

“Non si diventa illuminati immaginando figure di luce, ma divenendo coscienti del buio.”
(Carl G. Jung)

Carl Gustav Jung (26 luglio 1875 – 6 giugno 1961), famoso psichiatra, psicanalista, filosofo svizzero e allievo di Sigmund Freud, proseguì gli studi del suo mentore, padre della psicanalisi, con la psicologia del profondo e spinse le sue investigazioni verso l’inconscio collettivo e le forze archetipiche che lo popolano. Tra questi archetipi, troviamo delle immagini che esprimono sia aspetti positivi che negativi, come la grande Madre o il Saggio; ma l’archetipo forse più misterioso e che dà maggiore filo da torcere ad ognuno di noi è senza dubbio l’Ombra.

L’Ombra in psicologia è quella parte inconscia, nascosta, che ci intimorisce e affascina allo stesso tempo e che racchiude dentro di sé un mistero, un potere, un enigma:

Il concetto junghiano di Ombra racchiude tutti quei contenuti inconsci che l’Io non riconosce come parte di sé. Tuttavia, contrariamente al pensiero freudiano che definisce l’Ombra come l’insieme degli aspetti negativi dell’Io racchiusi nell’inconscio, per Carl G. Jung questo lato oscuro della persona può racchiudere elementi sia negativi che positivi e quindi contemplare aspetti utili all’evoluzione; motivo per il quale riteneva fondamentale evitare di rinnegarla. Anzi, la sua integrazione era una conditio sine qua non all’evoluzione interiore e al lavoro della coscienza; la sua integrazione era per lui una sorta di caccia all’anima, una riconnessione con la potenza psichica della natura umana.

Spesso questo lato oscuro viene interpretato come l’insieme di ciò che ci è mancato, delle sofferenze non elaborate e nascoste sotto al tappetto. Tutto ciò che disturba, che pone problema, finisce così in una sorta di discarica indifferenziata che rischia di pesare nel tempo o di portare a comportamenti nevrotici.

L’Ombra è quindi simile a un contenitore legato all’istinto di sopravvivenza: racchiude tutto ciò che in un determinato momento non riusciamo ad accettare, a sopportare, a elaborare, come le pulsioni ritenute dannose o pericolose, le emozioni represse, i difetti ed aspetti grezzi della personalità sui quali non vogliamo lavorare, gli istinti detti “primitivi” (rabbia, aggressività, ecc.) e non consoni alle regole della società, ma anche le qualità non riconosciute o represse dall’ambiente esterno (sensibilità, senso artistico, intraprendenza, ecc.). È il bunker nel quale rinchiudere tutto ciò che non vogliamo (o non possiamo) affrontare, riconoscere e così lei diventa la custode dell’innominabile, fagocita ciò che la ragione non può o non vuole vedere.

Però, questa dinamica di stoccaggio resta funzionale solo se è limitata nel tempo, se l’intento è quello di darsi il tempo fisiologico ad elaborarne il contenuto. Al contrario, confondere il nostro lato oscuro con il dimenticatoio e cercare di allontanarlo da noi facendo finta che tutto ciò non ci appartenga porterà ad una dolorosa scissione interiore, una brutale mutilazione, che ci impedirà di essere sostenuti da questa grande fonte di energia psichica nel nostro percorso di manifestazione dell’essere.

L’Ombra è opposta alla Luce, alla coscienza, all’aspetto controllato e razionale della personalità ma allo stesso tempo è legata ad essa: l’Ombra deriva dalla Luce per cui non è possibile separarle, o peggio, annientare l’Ombra a favore della Luce senza che questo comporti un pericoloso squilibrio psichico. Per riuscire a integrare l’Ombra e “rendere conscio l’inconscio” come diceva Jung, possiamo seguire l’esempio tramandato dagli antichi attraverso i racconti mitologici e scendere nei nostri Inferi con la consapevolezza di varcare la soglia di un regno misterioso e sacro allo stesso tempo. Lì, potremmo incontrare la nostra Ombra, il nostro drago interiore, e osservarla con un occhio compassionevole e paziente, mettendosi semplicemente in ascolto.

Grazie alle scoperte di Jung sul concetto di ombra, possiamo comprendere che l’unica via percorribile è in realtà la più semplice da capire ma la più difficile da attuare: la via dell’accettazione, quella che si ricongiunge alle maggiori tradizioni sapienzali tramandate da millenni come il taoismo, per esempio, che insegna l’integrazione tra luce e ombra, per giungere alla sacra via di mezzo. Lo stesso Jung giunse alla stessa conclusione attraverso la psicologia: “Chi percepisce contemporaneamente la propria ombra e la propria luce vede se stesso da due lati e, in tal modo, raggiunge il centro.

Fare luce dentro di sé e portare l’Ombra alla coscienza ci permette di liberarci dalle ripetizioni inconsapevoli della nostra vita che ci catapultano in situazioni difficili e dolorose che spesso ci appaiano come un fato, un destino. Ciò tuttavia non significa annientarla o lottare contro di lei, cercare di far arretrare la sua profondità e complessità a colpi di illuminazioni artificiali (l’uso improprio del pensiero positivo ne è un esempio), sperando così di sbarazzarsi degli aspetti di noi che riteniamo scomodi.

Affrontare la propria Ombra significa rinunciare a lottare contro di essa o negarla, smettere di farsi violenza e mostrarle compassione, perché tutto ciò che facciamo a lei, nel bene e nel male, lo facciamo a noi stessi. E senza l’Ombra al nostro fianco, non possiamo che vivere una vita a metà. 


 

fonte: Eticamente.net

martedì 13 settembre 2022

LA CASA GIALLA - Scheda personaggio: Alessandro Martini

 

Per gli appassionati di Drama come me, Alessandro Martini riveste il classico ruolo, importante ma spesso scomodo, di "second lead" maschile, cioè del co-protagonista che si contende con Jean le attenzioni della protagonista femminile. Alessandro è infatti l'ex di Angelica, intenzionato a riconquistarla con ogni mezzo e sostenuto nei suoi sforzi dal padre della ragazza. È convinto di essere l'uomo perfetto per lei e non ha alcuna intenzione di arrendersi. Quando all'orizzonte si profila un rivale, le sue sicurezze iniziano  però a vacillare.

Ecco qui un estratto del libro per presentarlo:

Un’auto sportiva decappottabile stava risalendo il vialetto della Villa e il padrone della dimora si preparò ad accoglierla con un sorriso soddisfatto stampato sul volto. Ne uscì un giovane uomo intorno alla trentina, con una zazzera di folti capelli neri mossi, corti ai lati e sulla nuca. Portava barba e baffi ben curati e vantava una bella abbronzatura, messa in risalto da una camicia di lino bianca, aperta sul collo. Era alto e atletico, ma non ostentatamente muscoloso. A prima vista, si poteva intuire la sua provenienza da una famiglia benestante. Il padre di Alessandro Martini era infatti un noto imprenditore della zona, ma era dalla madre, una professoressa di lettere, che Alessandro aveva mutuato l’amore per la musica classica; passione che lo aveva condotto a diplomarsi presto al Conservatorio, dove, dieci anni prima, era divenuto allievo del professor Nocenti. Era al liceo, invece, che aveva conosciuto Angelica. Per diverso tempo, l’aveva frequentata solo per via degli studi comuni, dapprima a scuola e in seguito grazie alle lezioni private di violoncello, impartitegli alla Villa, quando era ancora solo una casa di famiglia. A volte, la mamma di Angelica l’accompagnava al piano e quei pomeriggi trascorsi con i Nocenti lo facevano sentire accolto e amato più di quanto si sentisse nella sua stessa famiglia, con genitori quasi sempre in viaggio e nessun fratello a fargli compagnia. In quanto agli amici, avendo un carattere piuttosto riservato e solitario, non avrebbe saputo elencarne più di due ed erano come lui molto studiosi e poco inclini alla vita sociale. Fu dunque probabilmente per le sue assidue frequentazioni di casa Nocenti, che, al secondo anno di università, Alessandro decise che era arrivato il momento di fidanzarsi con Angelica, l’unico essere coetaneo con cui avesse sviluppato un qualsivoglia legame. Il carattere sempre allegro e solare di lei compensava i suoi silenzi e il suo temperamento malinconico. Con Angelica si sentiva perfettamente a suo agio e in più entrambi condividevano la passione per la musica e la lettura. Era facile parlare e confidarsi con lei e si immaginava che una vita insieme sarebbe trascorsa senza grossi scossoni, nella tranquillità della routine familiare. A sua volta, Angelica aveva accettato la proposta di fidanzamento come una naturale evoluzione della loro amicizia e le cose, inizialmente, erano andate anche molto bene tra di loro, forse perché, prima di tutto il resto, quella relazione rappresentava il primo vero tentativo di Angelica di smarcarsi dal controllo paterno. Con il tempo, però, Alessandro si era dimostrato ansioso ed eccessivamente protettivo nei confronti della fidanzata, che già mal sopportava le restrizioni alla libertà imposte dal padre. Vani furono i tentativi della ragazza di cambiare l’atteggiamento del futuro sposo e quando, infine, all’iperprotezione si aggiunse anche la gelosia, Angelica si ribellò e troncò di netto ogni loro rapporto. Da allora, erano passati tre anni, ma Alessandro non sembrava ancora essersi rassegnato e, periodicamente, tornava a bussare alla sua porta nella speranza di riconquistarla. 

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