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Nel cotonoso raplaplà di Bologna..., il tipo di quella donna dall'anima fosforica e smagliante come un metallo vetusto mi avvolgeva di un turbine di esistenza remotissima e futurissima.
- A. Savinio

domenica 21 febbraio 2021

Un'intervista all'autrice.

Vi lascio la trascrizione di una recente intervista che spero troverete interessante.

Buona lettura!


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D: Presentati, parlaci di te. 

R: Sono nata a Milano nel '67, vivo tra il Piemonte e l’Alto Adige, ma se potessi vivrei un po’ qui e un po’ là, essendo nomade per vocazione. Viaggio moltissimo da sempre (pandemie permettendo) e mi sento un po’ cittadina del mondo, anche se per esserlo veramente devo imparare ancora un bel po’ di cose. Ho fatto studi classici, prima di studiare Economia all’università. Oltre a viaggiare, mi piace leggere, studiare lingue straniere, cinema e teatro e guardare serie asiatiche, che traduco, nel tempo libero, per una piattaforma di streaming chiamata Viki. 

D: Quando è nata la tua passione per la scrittura? 

R: Nell’infanzia. Ma non ho mai pubblicato qualcosa che pensassi valesse la pena di provarci fino allo scorso dicembre. 

D: Uno scrittore è prima di tutto un lettore, che genere prediligi? 

R: Come per il cibo e la musica, sono onnivora. Tranne l’horror, spazio tra i generi. Dipende molto dal tempo che ho a disposizione e dal ‘mood’ del momento. Sotto l’ombrellone, per intenderci, preferisco i gialli (soprattutto i grandi classici, da Conan Doyle a Camilleri). I miei autori preferiti iniziano con le tantissime letture dell’infanzia, che spaziavano da Rodari alle fiabe Giapponesi, passando per i classici Dickensiani, fra tutti, appunto Rodari, che ho riletto ancora volentieri con i miei figli. Poi sono arrivati Calvino, la Morante, Pirandello, la Yourcenar, e sto citando solo quelli che ho riletto più volte. E infine ho iniziato a leggere in inglese i grandi classici di fine ‘800, primi ‘900, Oscar Wilde, Brontë e Austen fra tutti, ma anche Mark Twain, Poe, J. K. Jerome e Wodehouse. Della letteratura contemporanea, conosco meno, a parte Stephen King, che amo per come riesce a descrivere le emozioni. In generale, direi comunque che i miei riferimenti restano nell' ambito della letteratura classica. 

D: Parlaci del tuo ultimo lavoro e della tua scrittura.

R: Domanda difficile e delicata. È come descriversi guardandosi allo specchio. Piuttosto imbarazzante. Cercherò di non esprimere un giudizio su ciò che ho scritto, né su come l’ho scritto, questo ovviamente spetta unicamente ai lettori. Lo dico, perché a volte si rischia di mascherare un giudizio dietro alla risposta ad una domanda del genere, perciò chiedo venia se sarò meno che oggettiva in ciò che dirò. Si tratta di un libro nato quasi per gioco e su insistenza dei miei figli, che volevano pubblicassi almeno una delle tante storie che mi ronzavano in testa. L’occasione mi è stata data dal primo lock-down che mi ha concesso molte ore di solitudine per la stesura. Poi c’è stata anche la complicità di alcune amiche che hanno letto passo passo i capitoli e offerto preziosi spunti e consigli. L’idea del racconto, invece è arrivata come conseguenza della mia passione per le serie asiatiche, in particolare di quelle coreane, che mi ha offerto lo spunto per il protagonista maschile e la struttura portante del racconto. La scansione in quindici capitoli, il ritmo, e altri piccoli elementi ricordano infatti la struttura dei Drama, e danno un respiro che potrei definire cinematografico alla storia, come se fosse quasi una trasposizione di una sceneggiatura. Per quanto riguarda la mia scrittura, posso dire che mi piace introdurre dialoghi divertenti (dalle mie letture, avrete capito quanto ami l’umorismo anglofono) e spero di esserci riuscita, almeno un paio di volte. Cerco anche di far percepire il più realisticamente possibile le emozioni che provano i miei personaggi. Vorrei che i miei lettori potessero avere un’esperienza “immersiva” delle mie storie. 

D: Scrivici la citazione preferita del tuo scrittore preferito. 

R: Citerò fra le tante che ho amato, una di Mark Twain, tratta da “The Innocents Abroad” : "The gentle reader will never, never know what e consummate ass he can become until he goes abroad". E cioè: Il gentile lettore non saprà mai che razza di idiota può diventare, sino a che non andrà all’estero. Lascio al “gentile lettore” le successive riflessioni in merito. 

D: Scrivici la citazione preferita di una tua opera. 

R: Mmmm, difficile, così a bruciapelo, però credo che sia questa: "Non si può sempre scegliere dove andare, a volte è meglio non farlo. E lasciarsi andare. La vita è come acqua che scorre, se hai paura di affogare, resterai sempre a riva a guardare gli altri passare."

D: Il tuo estratto preferito?

R: Altra difficile domanda. Un po’ come quando ti chiedono chi preferisci tra i tuoi figli. Fortunatamente, almeno non ho opere tra cui scegliere. Allora vi leggo questa... Siamo in un Bistrot di Parigi, dove il protagonista è entrato per ripararsi da un temporale e per chiedere informazioni: […] Jean si voltò e vide, nell’arco della porta, una matrona vestita interamente di rosso vermiglio. Vermigli erano anche il rossetto e le unghie affilate e curate. La veste le stava stretta sul petto e sui fianchi ed era di fattura mediocre, ma il cappello che la sormontava era sicuramente un accessorio inusuale, non tanto per la foggia ardita che lo faceva assomigliare ad un vascello adornato di frange, né tantomeno per il lusso che avrebbe voluto ostentare, bensì soprattutto per il contrasto cromatico che opponeva al fulvo argentato della di lei capigliatura, ovvero proprio ciò che un cappello degno di tal nome avrebbe dovuto invece armoniosamente complementare. Nell’insieme, una visione non certo adatta ai deboli di cuore. Jean tuttavia non batté ciglio e fu lesto nel precedere il tentativo della donna di dar voce ad una sua probabile richiesta di attenzioni indirizzata al gestore. La prese dunque sotto braccio e la condusse al tavolo più vicino, poi, con un elaborato inchino, le chiese il permesso di offrirle un caffè in cambio di una domanda. La donna sembrò aver frainteso la cavalleria del giovane e affascinante uomo al suo cospetto e il suo sguardo carico di sottintesi certo non gli lasciò alcun dubbio circa il tipo di interesse che era riuscito a risvegliare in lei. Per dovere di chiarezza, si spinse comunque ad allungare una mano verso di lui, per ghermirgli un avambraccio. “Mi chieda pure tutto quello che vuole... bel ragazzo d’Oriente. Mi chiamo Renée, a proposito.” Purtroppo per la donna, la conversazione terminò non appena anche lei si trovò costretta ad ammettere di non conoscere la chiesa parrocchiale della foto e di non ricordarne neppure il nome. Tentò ancora di intrattenere il suo ospite, prima strattonandogli il braccio e poi deviandone l’attenzione sulla procacità della scollatura, ma non ottenne neppure un’occhiata furtiva di sguincio. La delusione la costrinse allora ad incurvare le spalle ed abbassare lo sguardo e, per un istante, sembrò che il vascello stesse per inabissarsi. 

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Grazie per l’intervista a Simone Clementi per il suo Blog.

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