La protagonista di FERITE A FIOR DI LABBRA è una psicologa alle prese con dieci pazienti (9 donne e un uomo) vittime di una strana dipendenza, quella ai K-Drama, ovvero serie tv prodotte in Corea del Sud.
Per quanto strano e ridicolo vi possa sembrare, nonostante non si tratti (ancora) di una patologia oggetto di medicalizzazione, la passione per il mondo dei drama può considerarsi in effetti una vera e propria dipendenza che costringe sempre più persone a fare scorpacciate (spesso notturne) di ore e ore di trasmissioni televisive sottotitolate e che, come tutte le droghe, ha anche i suoi spacciatori... (come la sottoscritta, per esempio, che ho condotto nel "tunnel" ormai decine di amiche innocenti.)
Qui sotto trovate la testimonianza di Federica, una delle tantissime vittime di questo nuovo fenomeno.
Proprio l'amore per i drama e la condizione di dipendenza che accomuna tutti noi appassionati del genere sono stati il primo spunto intorno a cui ho pensato di cucire questo nuovo romanzo giallo, che originariamente avrebbe infatti dovuto chiamarsi "9 Sfumature e Mezzo di Drama" ed avere un taglio più umoristico. In realtà poi l'intreccio ha acquisito tinte troppo fosche per un titolo simile e inoltre il focus della storia si è spostato altrove, ma sono ancora molto affezionata a questa illustrazione qui a destra e volevo mostrarvela.
Vi piacciono le serie TV?
Avete mai visto un drama?
Vi piacerebbe saperne di più?
Lasciatemi i vostri commenti qui sotto.
Vi anticipo un breve estratto del libro in cui incontriamo per la prima volta alcuni dei personaggi nello studio dove si svolgono le sedute di terapia di gruppo. Enjoy!
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«Qualcuna di voi conosce già la dottoressa Silvestri?»
Quattro teste fecero di no all’unisono.
«Ci sarà da fidarsi? Ho sentito che è giovane. La più giovane
dello studio.»
Mentre parlava, alzava e abbassava rapidamente il tallone destro. Il movimento della gamba era accompagnato dal tamburellare delle dita sul ginocchio.
«Tu non sei abituato a fare terapia, vero?» gli rispose una ragazzina dai capelli rosa pastello. «Non credo ci sia niente di cui
preoccuparsi. La Silvestri mi è stata raccomandata da un’amica
che si è trovata molto bene. Non c’è bisogno d’esser tanto nervosi.»
«Nervoso io?» Lui non sembrò capire l’osservazione della ragazza. «Ah… intendi perché faccio così con la gamba? Lo faccio
sempre quando devo stare seduto troppo a lungo, non farci caso.
A proposito, io mi chiamo Stefano, e voi?»
La giovane gli sorrise e rispose per prima. «Io sono Aurora.
Piacere.» Stefano pensò che era carina con i capelli lunghi tutti colorati.
Era minuta e piccolina. Gli ricordava una bambolina o un personaggio uscito dai manga. A guardare bene era vestita come una
idol coreana. Doveva essere una fanatica del K-pop. Forse era un
po’ infantile, ma sembrava simpatica. Una ad una si presentarono
anche le altre tre donne.
«Visto che siamo già alle presentazioni, mi chiamo Maria. Ciao
a tutti.»
L’uomo pensò che Maria fosse una bella donna, anche se sovrappeso e con i capelli aridi e giallastri di chi ha ricorso troppo
spesso alla tinta. Portava i segni dell’età e qualcosa in più, una
tristezza malinconica che parlava di rassegnazione e rimpianti.
Intuì che doveva aver perso qualche battaglia nella vita. Era più
grande di lui, ma non abbastanza per essere sua madre. Sarà stata sulla cinquantina. Qualcosa in lei tuttavia gliela ricordava e
anche se non si conoscevano, anche se non aveva senso, in quel
momento avrebbe voluto abbracciarla.
«Ciao a tutti.» Un’altra donna più o meno della stessa età si
fece avanti. «Io sono Zita e sono molto curiosa di vedere come
andrà questa terapia di gruppo. Devo ammettere di essere un po’
scettica al riguardo. Mi sembra di stare sul set di uno di quei film
americani dove si siedono tutti in cerchio e iniziano ogni seduta
annunciando da quanti giorni non bevono.»
Gli altri risero alla battuta.
«Anche voi siete qui per disintossicarvi dai drama ?» Intervenne l’ultima sconosciuta. «A proposito, io sono Elisa.»
Zita la guardò attentamente e ne annotò mentalmente la corta
zazzera biondo platino, i tatuaggi su collo e mani e i denti bianchi
e regolari di una dentatura posticcia. Le mani secche e nodose con vene in rilievo si aprivano e chiudevano mentre parlava,
come se ne volesse rilasciare la tensione. Le donne assentirono
con un movimento della testa.
«Io non sono sicuro di trovarmi nel posto giusto» intervenne Stefano. «Mi ci ha mandato mia moglie, lo faccio per accontentarla. Per il nostro rapporto.»
Zita non era certa d’aver compreso bene le implicazioni dietro
quella frase sibillina, ma le altre annuirono come se condividessero il suo punto, quindi si astenne dal fare ulteriori domande.
Maria le rivolse la parola: «Mi piace la tua tinta. Per molto
tempo li ho portati anche io di quel biondo, ma adesso il colore
non prende più così bene. Dopo un po’ vira sul rossiccio. E riesci
ancora a portarli lunghi! Hai davvero dei bei capelli! Un tempo
anche io li avevo lunghi e folti, ma poi con la menopausa...»
Dallo sguardo indifferente dei presenti, si accorse di essersi
lasciata andare alle solite recriminazioni e per giunta con degli
sconosciuti. Se non chiudeva subito la bocca avrebbero finito per
pensare che era noiosa!
«Anche io sono qui per migliorare il rapporto con il mio fidanzato.» La parola passò ad Aurora. «Sto davvero troppo appiccicata allo schermo a guardare drama e finisce che non faccio mai
niente che interessi a lui. Una volta uscivamo spesso, ora non
più. Stiamo sempre in casa.»
Zita avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma in quel momento
la porta si spalancò ed entrò una giovane donna con i capelli
ramati lunghi fino alle spalle e una frangetta troppo corta. Gli
occhiali dalla spessa montatura ambrata le erano scivolati sulla
punta del naso ed erano tutti piegati da un lato; se il colore degli
occhi non fosse stato di ghiaccio, il suo aspetto generale avrebbe
di certo avuto un che di comico. Era trafelata e sembrava avesse
fatto le scale di corsa. Si tolse il cappotto e il foulard intorno al
collo.
«Scusatemi per il ritardo. Ho fatto il più velocemente possibile.
Spero di non avervi causato dei problemi.»
«A noi no.» Per tutti rispose Stefano, girandosi di scatto verso
la porta alle sue spalle, cosa che gli impose di torcere il busto di
novanta gradi inclinando schiena e collo all’indietro nello sforzo
di scoprire subito l’aspetto della persona a cui avrebbe dovuto affidarsi. Ciò che vide non lo deluse affatto. «Ma la segretaria è
dovuta andar via. Insieme ad altre cinque ragazze che non potevano fermarsi oltre l’orario stabilito.»
Il senso di colpa di Emma le gonfiò il petto; dovette emettere
un sospiro d’imbarazzata frustrazione prima di proferire nuovamente le sue scuse...
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