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Nel cotonoso raplaplà di Bologna..., il tipo di quella donna dall'anima fosforica e smagliante come un metallo vetusto mi avvolgeva di un turbine di esistenza remotissima e futurissima.
- A. Savinio

venerdì 16 febbraio 2024

Scrivere... altrove.

Oggi vi porto a fare un viaggio in due tappe a cavallo della musica, la mia più grande passione oltre a lettura e scrittura. La prima tappa sarà nei meandri della mia mente e la seconda vi condurrà in Colombia. Sarà un viaggio un po' tortuoso, ma allacciatevi le cinture senza paura e seguitemi...

C'è un capolavoro di Marco Castoldi, in arte Morgan, che ascolto quasi in loop da un po' di tempo e s'intitola Altrove. Ci sono periodi in cui ascolto in maniera ossessiva un artista o un genere musicale, pur essendo io (quasi) onnivora e ami spaziare molto tra epoche e generi diversi. Adesso è il momento dei Blue Vertigo e di Morgan in versione solista, appunto e il motivo ha a che fare soprattutto con i testi sui quali mi soffermo a esercitare l'arte della riflessione. Altrove ha un testo in cui mi rispecchio profondamente. A ogni ascolto trovo collegamenti con le mie esperienze di vita. Immediatamente mi rimanda alle mie esperienze di viaggio.

"Ho deciso
Di perdermi nel mondo
Anche se sprofondo
Lascio che le cose
Mi portino altrove 
Non importa dove
(Non importa dove)"

Lo scopo del viaggio, si sa, è il viaggio stesso, non il raggiungimento di una meta. Inoltre, perché il viaggio raggiunga lo scopo, è necessario essere disposti a perdersi, nel senso di perdere se stessi, rinunciando "alla giacca dell'anno scorso", in breve i nostri pregiudizi, i nostri punti fissi, certezze e "posizioni" di fronte al mondo.

"Lascio le parole non dette
E prendo tutta la cosmogonia
E la butto via
E mi ci butto anch'io"

Il viaggiatore sa infatti per esperienza che per arrivare all'Altrove, per comprenderlo, o almeno per cercare di farlo, è necessario arrivare spogli per aprirsi alla meraviglia dell'incontro.
"Applico alla vita
I puntini di sospensione
Che nell'incosciente
Non c'è negazione"

"Applicare alla vita i puntini di sospensione", sospendere il giudizio, guardare "altrove" senza aspettative è fondamentale, credo, anzi, ne sono convinta, per condividere esperienze come quella che ho fatto lo scorso dicembre in Colombia, ma prima che ve ne parli, ascoltatevi (o riascoltate) con attenzione questa canzone:





Dicevo... a dicembre sono stata invitata da un'amica che considero una sorella, oltre che una grandissima imprenditrice sociale, a unirmi ad una spedizione nella Guajira, una regione abbandonata "da Dio e dagli uomini", direbbe qualcuno, ma sicuramente dal governo colombiano, in cui oltre ai mille problemi legati all'estrema povertà e alle lotte sanguinarie legate al narcotraffico, l'alfabetizzazione delle popolazioni indigeni locali di origine Wayuu conosce eterni ed infiniti ostacoli, prima di tutto logistici, visto che le comunità si trovano sparse in un vasto territorio desertico. Dunque manca di tutto, a partire dall'acqua, fino ad arrivare agli insegnanti, pochi, ma forti come guerrieri. Per RECUPERA TU SILLA, l'azienda che si (pre)occupa di rifornire le scuole di attrezzature necessarie insieme alle fondazioni ed associazioni ed anche aziende sponsor sue alleate, realizzare sogni è una missione e significa mettere insieme un'organizzazione logistica e produttiva mastodontica, inimmaginabile per chi abbia il sostegno delle istituzioni, praticamente utopica, quando, come in questo caso, debba farne senza. Se poi a dirigere tutto è una donna, impossibile. Eppure, all'Avvocato Maria Angelica Sanchez la parola impossibile non è mai stata insegnata e ogni volta che una nuova scuola riceve materiale scolastico e banchi per gli alunni, è un miracolo che si realizza. A dicembre sono stata invitata a condividere uno di questi miracoli e quando vedi un miracolo, beh, qualcosa ti cambia per sempre...

Già solo il viaggio a bordo di un aereo militare in compagnia di rappresentanti graduati dell'aviazione e dell'esercito è stata un'emozione difficile da descrivere, soprattutto perché ho incontrato ragazzi e ragazze con un cuore e una dolcezza rari, e in più in combinazione con il coraggio e la forza che normalmente si associa a una divisa, fattori che in Colombia, un Paese ancora complicato, nonostante l'avvio del processo di pace, sono necessariamente moltiplicati per almeno due cifre. 

L'Aviazione ha fornito i trasporti aerei e l'Esercito i trasferimenti a medio raggio in camion, oltre che la sicurezza (sì, erano armati fino ai denti!)

La Guajira è storicamente territorio sotto il controllo dei Narcos. Qui vivono alcune popolazioni indigene di etnia Wayuu in condizioni di estrema povertà. I bambini sono tutti a rischio di morte per denutrizione, dipendenza da stupefacenti, violenze di vario tipo, rapimento per tratta umana e di organi e naturalmente anche a rischio di entrare in contatto con i Narcos, che se non li uccidono, li prendono come manovalanza. In Guajira si trovano quindi ad ogni passo rappresentanti delle grandi e piccole ONG, che stilano statistiche e portano un po' di sollievo sotto forma di aiuti umanitari, ma gli aiuti quasi sempre finiscono tra le mani dei politici locali che li rivendono in cambio di voti o per uso personale.
Il risultato è che la popolazione non si fida neppure di chi vorrebbe aiutarla e dunque non è facile convincerla a concedere il permesso di accesso ai villaggi.
Con la sua fondazione, Recupera Tu Silla è riuscita infatti solo dopo molti sforzi e pazienza a diventare credibile ed essere accettata sul territorio. 
Da qualche anno torna dunque periodicamente in Guajira per portare materiale scolastico e banchi nelle scuole insieme alle Forze Armate, grazie a un programma speciale che consente loro di agire in autonomia a sostegno delle comunità in grave difficoltà economica e sociale. 
Gli abiti Wayuu sono colorati come le bellissime "mochilas" che intessono e vendono in città per un pugno di Pesos. Purtroppo anche qui, commercianti spregiudicati gliele acquistano per poi rivenderle a cento volte il loro prezzo iniziale. E a noi turisti ancora sembrano economiche!
In questo viaggio, ho constatato con i miei occhi che la prima forma di aiuto che si può offrire a un popolo è il riconoscimento della sua dignità. È ciò che chiedono gli insegnanti nelle scuole prima di qualunque collaborazione, altrimenti si tratterebbe di carità meschina, che, pur nella loro miseria, preferiscono rifiutare. Il popolo Wayuu è un popolo fiero, ricco di tradizioni, con una lingua propria, ma che senza l'alfabetizzazione di base resta isolato in un deserto e condannato alla fame e all'oblio, ecco perché l'aiuto fondamentale da garantire resta l'accesso al diritto allo studio, che è ancora la forma migliore e sostenibile per tentare di promuovere lo sviluppo di questo popolo.


Così appariva la scuola prima dell'arrivo dei camion militari con le nuove attrezzature...
Il dono più grande che mi sono portata a casa è stato il sorriso e le grida di gioia di quei bambini, che per la prima volta si sono seduti ai loro banchi nuovi di zecca.

Questa è una classe... e questa scuola, delle tre che abbiamo visitato, era la migliore, perché almeno aveva una lavagna e un tetto sopra i banchi.


L"Altrove" della Guajira è un universo parallelo che ti spiazza a tal punto da stordirti e denudarti di fronte all'inconosciuto e apparentemente incomprensibile e allora, dopo un po' ti costringe a guardarti intorno con occhi nuovi e ti cambia. Ti fa sentire un alieno, totalmente fuori posto, un elemento estraneo che attira curiosità, ma poi ti ricordi che non sei lì per osservare, bensì per portare qualcosa a quei bambini che ti guardano spaesati e capisci che il dono più grande che hai portato con te non sono le "cose" che stanno scaricando dai camion, ma una luce di speranza. Ovvero la testimonianza che al di là di quello spazio sconfinato dove crescono arbusti, esiste un mondo che li attende, un mondo assai lontano dalla perfezione, ma dove potrebbero un giorno diventare letterati, ingegneri, aviatori, chissà... Il rispetto che abbiamo dimostrato loro attraverso il contatto diretto, così come il riconoscimento della loro cultura e della sua dignità, ci auguriamo abbiano potuto contribuire a far loro comprendere che quell' "altrove" che abbiamo suggerito con la nostra presenza esiste ed è pronto ad accoglierli con le braccia aperte; una porzione di mondo che non li giudica e non li rifiuterà, e che invece li considera parte di un popolo vasto quanto l'Umanità. E per la gente Wayuu, vi assicuro, non è un concetto affatto scontato...

Quando ti ritrovi in un posto del genere, lontano da tutte le tue certezze, sotto il sole cocente del deserto e solo l'acqua pulita che ti sei portato da casa, capisci che forse sei tu, nel tuo refrigerato nido del primo mondo, che hai costruito intorno a te un bellissimo castello fatto solo di sabbia. E faresti bene a non dimenticarlo mai.

In ogni scuola dove siamo giunti, ci hanno offerto cibo, che però noi abbiamo chiesto venisse dato agli alunni e alle loro famiglie. Se non l'avessimo fatto, per quelle famiglie sarebbe stato un giorno in più di digiuno.

Molti di queste comunità professano già religioni cristiane, ma anche le scuole con alte percentuali di bambini non di religione cristiana accettano le donazioni di Bibbie da parte delle chiese (in questo caso evangelica) perché non hanno altri libri di testo su cui esercitare la lettura.


TESTO di Altrove.
Però(Che cosa vuol dire però)Mi sveglio col piede sinistroQuello giusto
Forse già lo saiChe a volte la folliaSembra l'unica viaPer la felicità
C'era una volta un ragazzo chiamato PazzoE diceva sto meglio in un pozzo che su un piedistallo
Oggi ho messoLa giacca dell'anno scorsoChe così mi riconoscoEd esco
Dopo i fiori piantati, quelli raccoltiQuelli regalati, quelli appassiti
Ho decisoDi perdermi nel mondoAnche se sprofondoLascio che le coseMi portino altroveNon importa dove(Non importa dove)
IoUn tempo era sempliceMa ho sprecato tutta l'energiaPer il ritorno
Lascio le parole non detteE prendo tutta la cosmogoniaE la butto viaE mi ci butto anch'io
Ho decisoDi perdermi nel mondoAnche se sprofondo
Applico alla vitaI puntini di sospensioneChe nell'incoscienteNon c'è negazione
Un ultimo sguardo commosso all'arredamentoE chi s'è visto, s'è visto
Lascio che le coseMi portino altrove

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